SanaTerra 2012 i tavoli di lavoro

SanaTerra 2012 i tavoli di lavoro

Lunedì 7 Marzo 2016 - 00.41

Della solidarietà e dell'arte del ben vivere.
Due momenti di discussione per scuola, sanità, politiche sociali, divertimento e tempo libero.

Sabato 29 settembre si sono tenuti alla Serra i due tavoli di discussione organizzati da Ecoredia, “Una nuova rete di solidarietà per scuola, sanità e politiche sociali” e “Divertimento e tempo libero: tra consumo e ben-vivere”: l’obiettivo era quello di affrontare il tema della transizione verso la decrescita circoscrivendo la riflessione a due problematiche specifiche e a un preciso ambito territoriale. Erano perciò stati precedentemente invitati ai due tavoli alcuni dei protagonisti e dei portatori di interesse nel campo del welfare e delle politiche per il tempo libero sul nostro territorio, ma molti di più sono stati coloro che si sono spontaneamente presentati sabato pomeriggio per discutere di queste problematiche da questo particolare punto di vista. Si sono così incontrati oltre agli amministratori e ad alcuni addetti ai lavori dei due ambiti, professionisti, volontari e semplici cittadini e ad ognuno è stato chiesto di portare un contributo di riflessione e di immaginazione per andare oltre alle semplici analisi dei problemi attuali e iniziare una costruzione collettiva di nuovi scenari.

Al tavolo per le politiche sociali la prima sollecitazione è venuta da Paolo Ermano, economista dell’Università di Udine, che ha lanciato alcune possibili idee guida per il welfare del futuro, a partire da alcuni dati di realtà: uno sguardo sulla situazione italiana, che può essere generalizzato a tutto il mondo occidentale, ci mostra una società sempre più anziana (per il prolungamento medio della vita e il calo delle nascite), inurbata e povera, dove le disuguaglianze tra gruppi sociali e territori tendono ad accentuarsi. Se si accetta questa descrizione della realtà, dove la diminuzione delle risorse è strutturale e non contingente, e se si rifiuta una risposta di chiusura e accaparramento per difendere i nostri livelli di vita a discapito di altre popolazioni o gruppi sociali, è chiaro che anche il sistema di welfare, come il sistema della produzione e del consumo di beni, va complessivamente ripensato. Le linee di evoluzione prospettate dal facilitatore della discussione, prevedevano da una parte una riorganizzazione (riduzione e/o accorpamento) dei servizi, purchè pensata e governata in base ai bisogni di tutti, ma soprattutto un maggiore investimento sulla prevenzione, una maggiore partecipazione dei fruitori dei servizi alla produzione del servizio stesso (coproduzione), un maggiore interscambio tra luoghi e gruppi sociali diversi di ogni territorio per ricostruire reti sociali, comunità funzionanti.

La discussione si è subito accesa intorno al tema della disponibilità finanziaria per il welfare: pur accettando uno scenario di calo complessivo delle risorse, molti dei presenti hanno voluto sottolineare come sia importante stabilire una soglia minima di servizi che devono essere assolutamente garantiti dal pubblico, sotto la quale non si deve scendere. Diventa quindi imprescindibile per una società capace di futuro, rimettere al centro il tema dell’equità fiscale e di una più giusta distribuzione della ricchezza, accompagnato dalla capacità di stabilire delle priorità (tra spese sociali e spese per gli armamenti, per fare solo l’esempio più eclatante) e di fare le scelte politiche corrispondenti. Si è sottolineato inoltre come il modello di altri paesi, come noi attraversati dalla crisi economica, dimostra che è possibile investire di più sulle politiche sociali, sia in termini assoluti (l’Italia è fanalino di coda in Europa nelle spese per lo stato sociale) sia in termini di qualità e varietà dei servizi (introducendo ad esempio l’assicurazione sociale per garantire servizi di assistenza agli anziani o investendo in congedi genitoriali più lunghi là dove non si possono garantire servizi per l’infanzia generalizzati). Si è anche sottolineato come alcuni settori del welfare, in particolare quello della sanità, per lo sviluppo disequilibrato e sproporzionato che ha avuto negli ultimi anni, finiscano per assorbire la quasi totalità degli investimenti pubblici, mentre una riorganizzazione che, ad esempio, accorpi e centralizzi alcuni servizi superspecialistici e capillarizzi l’assistenza di base, oltre a rispondere meglio ai bisogni della società, porterebbe a un risparmio di risorse da riversare su altri settori.

Parallelamente a questa discussione, è emersa però anche un’altra pista di elaborazione: la soluzione dei problemi non è sempre e solo un fatto economico; la disponibilità di capitali da investire per un progetto può essere importante, ma altrettanto importanti sono altri tipi di ricchezze, la conoscenza del territorio soprattutto, con i suoi bisogni, le sue specificità, le sue risorse umane e materiali. Il ruolo del pubblico diventa allora principalmente quello di regia e promozione, di attivare tali risorse, costruire reti, potenziare buone pratiche già esistenti. In questo senso sono stati portati molti esempi di welfare di prossimità, dove il pubblico si fa garante e coproduttore di servizi a livello familiare o locale, e di un welfare reticolare dove entrano in gioco da co-protagonisti altri attori, cittadini, volontari, soggetti privati. La costituzione di un sistema di piccoli soggetti economici (cooperative sociali o piccole imprese), alcuni dei quali erano rappresentati intorno al tavolo e si sono fatti portatori di questa istanza, è funzionale alla nascita di questo sistema misto, di cui il pubblico si deve fare garante e coordinatore, e apre opportunità di occupazione che si stanno perdendo nel sistema di welfare centralizzato. Si stanno già realizzando in questo modo molti servizi altrimenti ingestibili, come il progetto BOA che garantisce una borsa di generi alimentari di base alle famiglie in gravi condizioni economiche e vede come regista e cofinanziatore il servizio INRETE e coinvolge la Caritas, il Banco delle Opere di Carità e le cooperative del Consorzio Copernico, il progetto di doposcuola per le scuole medie di Ivrea al quale partecipano Comune, scuole e Centro Migranti, il servizio di libri scolastici per le famiglie disagiate, nato dalla collaborazione di scuole e famiglie e molti altri. Per la realizzazione di questi progetti serve comunque un finanziamento iniziale, ma anche per il reperimento e la raccolta dei capitali dobbiamo cominciare a costruirci mezzi nuovi, più controllabili e governabili perché su scala più piccola e locale, come potrebbero essere la Fondazione di Comunità o altre forme di autofinanziamento.

Questa nuova prospettiva di coprogettazione e coproduzione del sistema di welfare, richiede una partecipazione molto più ampia e attiva da parte della società civile: molto si è detto infatti, da parte di tutti, sulla necessità di un rivolgimento culturale che dall’abitudine alla delega ci faccia passare a un’assunzione di responsabilità, a un impegno di ciascuno per la crescita e il miglioramento del ben-essere nella nostra società. Ciò che oggi fanno la Banca del Tempo della Casa delle Donne o i molti gruppi di auto mutuo-aiuto può diventare un esempio e una matrice per una nuova rete di comunità per il nostro territorio.

Patrizia Dal Santo
Varieventuali - 17 Ottobre 2012

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