A come agricoltura
L’ultima edizione di Sana Terra parte con il vento in poppa.
Alla serata di apertura, svoltasi nella Sala Cupola del Centro La Serra, si è infatti registrato il tutto esaurito per l’incontro pubblico “A come agricoltura”. Questa massiccia partecipazione ha favorevolmente stupito anche gli organizzatori come esplicitato dal moderatore della serata Giulio Ruffino, Sindaco di Andrate, che è stato scelto come coordinatore proprio per l’impegno sull’ambiente e sul turismo sostenibile che la sua amministrazione ha saputo mettere in campo negli ultimi anni.
Auspicando una rinnovata capacità degli amministratori locali di fare quadrato su progetti capaci di portare sviluppo su un territorio particolarmente segnato dall’attuale crisi economica ha introdotto il primo relatore nella persona di Stefano Menegat, giovane studente montaltese, che, grazie ad un accordo con il Corep, all’interno di un Master sullo Sviluppo sostenibile e promozione del territorio ha potuto elaborare un interessante studio sull’agricoltura locale.
La sua ricerca, tramite un approccio scientifico, è servita a fotografare la situazione dell’agricoltura, e del mondo rurale più in generale, all’interno dell’area afferente l’Anfiteatro Morenico di Ivrea così come definito dall’ambito 28 del Piano Paesaggistico Regionale. Il suo lavoro, che ha compreso anche una serie di interviste, ha messo in luce molti dati, alcuni dei quali interessanti soprattutto dal punto di vista dell’analisi e delle prospettive per il futuro del comparto agricolo dell’area.
Dallo studio è emerso che se fino a pochi anni fa non c’erano alternative alle colture maidicole e cerealicole (che oggi occupano il 73% della SAU-Superficie Agricola Utilizzata) soprattutto grazie all’intraprendenza di giovani dotati anche di un buon livello di scolarizzazione, si comincia a vedere qualche tentativo di dare vita ad esperienze nuove basate su prodotti di qualità, di nicchia, tipici e magari biologici.
Tra le diverse criticità evidenziate una su tutte è l’eccessiva frammentazione fondiaria tale che la stragrande maggioranza delle aziende è di livello familiare, con pochi o senza dipendenti (0,6 Unità Lavorative per azienda) per un totale di circa 1000 addetti in tutta l’area e con redditi mediamente bassi che spesso vengono integrati con lavori saltuari, pensioni, ecc.
Sono poi stati analizzati alcuni aspetti economici scoprendo ad esempio che senza i contributi comunitari (PAC) le aziende difficilmente riuscirebbero a sopravvivere.
Sempre rimanendo in tema economico è stato ben evidenziato come le aziende che lavorano sul mais/cereali sono fortemente condizionate dai mercati finanziari che fissano i prezzi a livello globale; tanto per fare un esempio il prezzo del mais viene, quasi totalmente, fissato alla borsa di Chicago. Un po’ diversa è invece la situazione dell’ortofrutticolo e del vitivinicolo dove il controllo dei prezzi è maggiormente nelle mani dei produttori tramite la possibilità della vendita diretta o della valorizzazione del prodotto.
La presentazione di Stefano si è conclusa con un quadro comparativo tra le criticità e i punti di forza della nostra agricoltura. Tra le prime l’eccessiva frammentazione territoriale, la debolezza finanziaria delle aziende, la carenza di forza lavoro qualificata e motivata, la fragilità generazionale, la mancanza di adeguati supporti per la formazione tecnica, difficoltà di comunicazione e relazione tra gli attori. Alle criticità esistenti sono stati contrapposti alcuni punti di forza che necessiterebbero di essere maggiormente presi in considerazione come: alcuni settori della zootecnia e del biologico particolarmente dinamici, produzione di eccellenze e tipicità del territorio, passioni e valori e, molto importante, la presa di coscienza collettiva che gli agricoltori sono, e dovranno diventarlo sempre più, i “guardiani del territorio”.
La relazione di Menegat ha introdotto il successivo intervento di Nevio Perna in rappresentanza di Legambiente e di Ecoredia nonché co-ideatore e co-organizzatore di Sana Terra.
Prendendo spunto dai dati sopra citati la sua disamina è partita dal problema del consumo di suolo, spesso ad alta fertilità, che ha caratterizzato gli ultimi decenni. A fronte di una crescita demografica praticamente nulla il consumo di suolo ha subito invece una paradossale impennata sottraendo terreno all’agricoltura passando dai 320 mq/ ab del 1990 ai 378 mq/ab del 2006 con le previsioni dei PRG di spingersi addirittura a 398 mq/ab (dati Provincia di Torino) senza contare le destinazioni d’uso a servizi. Consumo di suolo che, dalle tradizionali forme di urbanizzazione selvaggia, sta mettendo in luce nuove forme di depauperamento delle aree agricole subdolamente incentrate sulle energie rinnovabili come gli impianti di produzione di energia a biomasse o i campi fotovoltaici.
Ovviamente il mondo ambientalista è favorevole alle energie rinnovabili, prendendo nel contempo in debita considerazione anche il risparmio energetico, però il fenomeno non può essere lasciato in mano a progetti esclusivamente speculativi ma ragionato a livello di area vasta ed ogni nuova iniziativa in tal senso dovrebbe essere garantita da un rigido bilancio ambientale ed economico. Ben vengano quindi gli impianti a biomasse ma “cum grano salis”. Non ha infatti senso costruire due impianti nell’arco di pochi chilometri semplicemente perché non sarebbero in grado di essere alimentati con materia prima locale, come è paradossale strappare all’agricoltura ettari di terreno fertile per coprirli con pannelli solari.
Perna ha poi messo in evidenza altre criticità quali l’eccessivo utilizzo di prodotti chimici che impoveriscono i terreni e l’abbandono delle campagne che, abbinato alla cementificazione, è causa del degrado territoriale che spesso è la causa principale del dissesto idrogeologico.
A fine intervento ha messo in evidenza alcune buone pratiche e nuove tipologie di domanda da parte dei consumatori: i GAS (gruppi di acquisto solidale), le filiere corte e la salvaguardia del patrimonio culturale ed enogastronomico locale. La proposta finale è stata quindi quella di allargare il dibattito con le amministrazioni del territorio e le associazioni, superando il municipalismo di paese e di associazione, stabilire nuovi canali di comunicazione con gli enti superiori e coinvolgere nuove competenze a partire dall’Università.
A seguire è intervenuto Alberto Givonetti dell’Associazione piccoli produttori biellesi. Il suo intervento è stato un’interessante testimonianza sull’esperienza di un piccolo sodalizio di 25 produttori che è diventato ormai un punto di riferimento per la fornitura di ortofrutta fresca e locale.
Per le strategie di vendita si sono appoggiati ad un GAS che gestisce un portale web dal quale si possono fare ordini online. La notizia di questa innovativa e particolare forma di approvvigionamento ha varcato i confini locali ed è stata pubblicata anche su Altraeconomia tanto che oggi da diversi territori italiani chiedono di poter mutuare l’esperienza biellese.
Ha chiuso i lavori il prof. Egidio Dansero dell’Università di Torino che è partito complimentandosi per il lavoro svolto che è stato capace di coinvolgere diversi attori del territorio, dalle istituzioni alle associazioni ai singoli produttori.
Ha portato alcuni esempi di iniziative analoghe puntando molto sulla necessità di modificare le attuali dinamiche di mercato globalizzato dove i piccoli finiscono spesso per rimanere stritolati. Come negli interventi precedenti anche lui ritiene molto importante la capacità di fare sistema riuscendo a far comunicare le istituzioni, le associazioni di categoria, i produttori e i cittadini-consumatori.
La serata si è conclusa con una serie di interventi del pubblico ben calibrati e soprattutto competenti che ha fatto capire meglio, se mai ce ne fosse il bisogno, che le persone, se sufficientemente stimolate e coinvolte nei processi decisionali, tendono a partecipare e a fare la loro parte. Crediamo questa serata possa essere di ottimo indicatore per la buona riuscita della nuova edizione di Sana Terra.
Francesco Comotto
(VarieEventuali 29 Settembre 2010)