Un altro lavoro è possibile?

Un altro lavoro è possibile?

Domenica 6 Marzo 2016 - 22.15
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In controtendenza con l’attuale crisi l’economia solidale genera nuovi posti di lavoro sicuri, dignitosi e “sostenibili”.

Con la serata di venerdì 1 ottobre, “Un altro lavoro è possibile?”, che si terrà presso la sala Cupola del Centro La Serra alle ore 21,00, si entra nel vivo del tema a cui quest’anno è dedicata la Fiera Sana Terra: il lavoro nell’economia solidale. Ciò significa che protagonisti della serata, come della giornata del 3 ottobre in piazza, saranno i lavoratori, con le loro storie, i loro problemi, ma anche i loro successi, che dimostrano come l’attenzione ai diritti della persona si possa coniugare con la cura e la salvaguardia dell’ambiente senza diventare antieconomica; che anzi, in controtendenza con l’attuale crisi del sistema di regole che governa il mondo del lavoro e con l’aumento della disoccupazione, l’economia solidale genera nuovi posti di lavoro sicuri, dignitosi e “sostenibili”.
Ce lo dimostreranno con i loro racconti Maurizio Gritta, fondatore e presidente della Cooperativa “Cascina Iris”, e Gigi Perinello, del Gas di Padova, responsabile del progetto scarpe ecologiche Astorflex.

Cascina Iris nasce nella campagna cremonese nel 1978, dall’iniziativa di una decina di ragazzi, in prevalenza donne, che, provenendo da esperienze diverse, decidono di unirsi per lavorare in agricoltura senza l’uso della chimica. Dopo alcuni anni di esperienza e formazione sul campo, si costituiscono in cooperativa, e nel 1990 acquistano in proprietà collettiva, con l’aiuto dei consumatori attraverso l’istituzione del prestito sociale, l’attuale fondo di Calvatone, di circa 38 ettari.
Nel 1993 la crisi dei prezzi agricoli spinge la cooperativa, che fino ad allora aveva venduto direttamente i propri prodotti in alcuni spacci cittadini, a tentare la via della trasformazione con metodo biologico dei prodotti agricoli nella ricerca di un valore aggiunto: nascono la pasta e le conserve “firmate” Cascina Iris.
La cooperativa decide di non avere rapporti commerciali con la grande distribuzione e quindi là dove si creano le quantità, va alla ricerca di un mercato specializzato soprattutto nei paesi del nord dove la sensibilità verso i prodotti biologici è ben più sviluppata e si orienta alla vendita diretta alle famiglie, attraverso i primi G.A.S..
Nel 2005 la cooperativa acquisisce il Pastificio Nosari, che da 10 anni produceva la sua pasta, in grave crisi; permette a Cascina Iris di garantire la continuità del proprio lavoro, e contemporaneamente salvaguardare i 24 posti di lavoro del pastificio mantenendo tutti i diritti sindacali, i premi lavorativi e soprattutto migliorando le condizioni stesse dei lavoratori.
Da quella data la cooperativa ha lavorato per coordinarsi e associarsi ad altre aziende agricole biologiche, fino a lavorare con più di 60 realtà diverse e portare oggi il pastificio ad una produzione al 100% biologica.

Il progetto “scarpe ecologiche”di Astorflex nasce con modalità totalmente diverse, ma è altrettanto paradigmatico: nel 2008 sulla spinta dei consumatori organizzati nel GAS di Padova nasce l’idea di produrre una scarpa totalmente ecologica (gomma naturale per la suola e cuoio e pelle a concia lenta vegetale per la scarpa), mantenendo tutte le fasi di lavorazione in Italia, in modo da dimostrare che è ancora possibile fare manifatturiero nel nostro territorio, rispettando tutte le regole imposte dai contratti di lavoro, senza utilizzare manodopera precaria (i contratti sono tutti a tempo indeterminato) e rispettando le direttive ambientali tramite una rigorosa certificazione interna del prodotto.
Viene individuata una piccola fabbrica familiare di scarpe, la Astorflex appunto, che dal 1800 lavora in provincia di Mantova e che dal 1989, per ridurre i costi di produzione, aveva iniziato a delocalizzare la propria produzione in Romania. La Astorflex accetta la sfida e decide di aprire questa linea ecologica, destinata esclusivamente alla vendita diretta ai G.A.S.: in questo modo, malgrado vengano utilizzati materiali di alta qualità e lavorazioni più lunghe e laboriose, il prezzo finale non è diverso dalle scarpe industriali, perché non è gravato dai costi aggiuntivi del marchio e dell’intermediazione.
Il successo è immediato e di una tale portata che oggi, ad appena due anni di distanza, buona parte della produzione di Astorflex è costituita dalle scarpe ecologiche e il progetto si è allargato ad altre aziende e manifatture.

Due esperienze molto diverse come si vede, due storie di successo economico che hanno almeno alcuni fattori comuni: la scelta di lavorare in modo rispettoso dell’ambiente e la fedeltà a metodi di produzione rigorosamente ecologici; l’attenzione alle condizioni di lavoro e alla giusta retribuzione dei lavoratori coinvolti; l’alleanza tra produttori e consumatori, fin dalle prime fasi del progetto, basata sulla conoscenza, la trasparenza e il rispetto reciproco, che scardina i rapporti di forza imposti dall’attuale sistema di mercato.
Ci sembra che da questi elementi si possa partire per una riflessione più complessiva su quali reali alternative si possano costruire a questo fallimentare sistema di sviluppo: è questo il secondo e più ambizioso obiettivo della serata del 1 ottobre, sul quale abbiamo chiesto il contributo di un economista, Mauro Bonaiuti, da anni impegnato nella ricerca sui temi della decrescita e dell’economia solidale. I tempi sono maturi perché dalle tante esperienze concrete di un nuovo modo di lavorare, si passi a costruire un modello replicabile e generalizzabile per la nostra società.

Patrizia Dal Santo
(VariEventuali 29 Settembre 2010)

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